Chiesa di Campanella

Libro delle Visite Pastorali conservato nell’Archivio della Curia Vescovile di Padova sotto la suddetta data leggesi testualmente: “Reverendissimus dominus episcopus visitavit Sacellum quondam positum in medio vie que est inter Foziam et Galium in loco dicto le Ronche de Galio”. (Trad. Il Reverendissimo signor Vescovo visitò poi il Sacello posto a metà strada tra Foza e Gallio nel sito chiamato “i Ronchi di Gallio”).
A far data del 1488 la chiesa, quindi, già esisteva, ma non ci è dato di sapere quando fosse stata costruita esattamente; resta certo, comunque, che detta chiesa era a servizio liturgico degli abitanti della Contrada Schivi, Sambugari, Campanella, Ronchi davanti (Zingar e Hausar) e Ronchi di dietro (Dalla Bona, Marini, Lunari, Gianesini e Bonur), località tutte aggregate sotto la denominazione di “Colonnello di Ronchi”.
E’ opportuno a questo punto, prima di procedere con la storia della chiesa di Campanella, chiarire alcuni aspetti legati all’antica Contrada dei Ronchi, che alle origini sembra aver costituito un Comune autonomo, indipendente dal Comune di Gallio, così come oggi lo conosciamo.
Ronchi è un toponimo derivato dal verbo “roncare”, che significa “sboscare, pulire da alberi e cespugli una data area per ridurla a coltura”; ciò induce a supporre che il territorio, oggi occupato dagli insediamenti umani dei Ronchi e di Gallio, fosse in origine una grande boscaglia (gagium o selva, da cui il toponimo Gallio) ridotta successivamente a pascolo e luogo abitato tra la Val Frenzela e la Val Miela, che ospitò dapprima un insediamento umano nella sua parte bassa, i Ronchi appunto, più vicina alla pianura e di minore altitudine e poi la parte più alta, dove oggi si trova appunto il paese di Gallio.
Secondo questa ipotesi la Comunità dei Ronchi, insediata in località Schivi, Sambugari, Campanella, Ronchi di Dietro e Ronchi Davanti, sarebbe la più antica e avrebbe successivamente consentito la nascita di Gallio.
Gli antichi documenti parlano, infatti, del “Colmello o Colonnello dei Ronchi” e del “Colmello o Colonnello di Gallio” come due comunità distinte che in seguito, sicuramente a partire dal secolo XVI, dopo controversie a non finire relative ai confini e allo sfruttamento delle montagne di Longara (pertinenza di Gallio) e di Meletta (pertinenza dei Ronchi) andarono a formare dapprima una sorta di federazione e poi un unico Comune.

Tornando, dopo questa breve digressione, all’argomento principale, è da ricordare come una seconda memoria della Chiesa della Campanella risalga all’anno 1571, quando il Vescovo Nicolò Organetto, recandosi a Foza, si fermò a visitare l’Oratorio di Santa Maria Maddalena dei Ronchi, “che è detto proprietà del Comune e degli uomini di Gallio ( i due Colonnelli, quindi, superate le controversie, si erano uniti in un unico Comune ndr.); è provvisto di una pala che ha bisogno di essere restaurata e di un altare spoglio di ogni ornamento”. (Vedasi Storia della Federazione dei 7 Comuni Vicentini di Antonio Domenico Sartori).
Anche lo storico dell’arte, il bassanese Paolo Verci, narrando del pittore Antonio Scajaro, accenna appunto a detta pala d’altare e afferma “che ha bisogno di essere restaurata”. Tale pala era posta sopra l’altare e rappresentava “la Santissima Triade in alto, e sul mezzo Maria Vergine da un canto, e Santa Maria Maddalena dall’altro inginocchiate; e al basso San Bartolomeo in mezzo a San Sebastiano e a San Rocco”. (Vedasi P:Gaetano Maccà)

La chiesa viene poi ricordata anche nella visita pastorale effettuata il 13 luglio dell’anno 1579 dal Vescovo Federico Cornelio, il quale, diretto a Foza, “visita l’oratorio di Santa Maria Maddalena; avendolo trovato indecoroso, comanda per iscritto di compiere i necessari restauri, proibendo che nel frattempo vi si celebri la Messa”.
Le indicazioni del Vescovo furono senz’altro accolte e la chiesa venne restaurata e consolidata, apportandovi tutti quei miglioramenti atti a renderla funzionale e idonea alle funzioni liturgiche e alle assemblee del Colonnello dei Ronchi. Ne è testimonianza il fatto che il canonico Nicolò Galerio, delegato del vescovo di Padova, Cardinale Federico Cornelio, per la visita generale della Diocesi il 27 settembre del 1587 ebbe modo di visitare l’oratorio, che viene da allora denominato “la chiesuola della campana”, rilevandone la funzionalità anche per le cerimonie liturgiche; forse, afferma lo storico galliese don Antonio Domenico Sartori, già a quel tempo il popolo indicava la località, in cui sorgeva la chiesa, col nome di “Campanella”.

Un successivo stato di abbandono o per lo meno di trascuratezza viene rilevato durante la visita pastorale del 30 agosto dell’anno 1602 dal Vescovo Mons. Marco Cornelio, il quale, come si evince dal Libro delle Visite, “si ferma alquanto alla Campanella per visitare la chiesa campestre di Santa Maria Maddalena, dove si celebra la Messa solo nel giorno della festa del Titolare; interdice l’uso di alcuni paramenti e vasi sacri perché indecenti e dà indirizzi pratici al custode Melchiorre Taiaro (sic!) perché sia rinnovata la struttura della chiesa”.

Gli indirizzi, i suggerimenti nonché gli ordini vescovili non furono certo disattesi e il piccolo oratorio fu nuovamente ristrutturato e risistemato tanto che nel settembre del 1664 fu visitato da San Gregorio Barbarigo, il quale lo trovò “in ordine” e con la celebrazione settimanale della Messa.

L’Oratorio fu da allora sempre mantenuto in buono stato così che il Cardinale Giovanni Francesco Barbarigo durante la sua visita del 3 ottobre 1723 ebbe a riconoscere esplicitamente nella relazione conservata nel Libro delle Visite Pastorali che la chiesa di Santa Maria Maddalena alla Campanella “era ben tenuta e provvista”.

Passarono i decenni e la chiesa venne rimodernata nella prima metà del secolo XIX ad opera dell’eremita Fra’ Giovanni Battista Casera di Agordo, ma, come tutte le chiese dell’Altopiano anche quella dedicata a Santa Maria Maddalena venne rasa al suolo dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale.
I lavori della sua ricostruzione vennero comunque iniziati il 31 luglio 1922 e portati a termine l’anno successivo, quando fu benedetta e riconosciuta idonea alle funzioni religiose.
Oggi, nonostante le contrade che un tempo formavano il Colonnello dei Ronchi si siano andate progressivamente spopolando sotto la pressione di inevitabili richiami economici, la chiesetta apre i suoi battenti tutte le domeniche per la celebrazione della Messa, ma avrebbe bisogno di qualche radicale intervento manutentorio perché sia resa più funzionale e confacente allo scopo.
Già nel 1996 è stato rifatto il tetto, precedentemente danneggiato e reso pericolante da infiltrazioni d’acqua, mentre ora sono inderogabili i lavori di tinteggiatura delle pareti interne, la realizzazione di un adeguato e moderno impianto di riscaldamento e il rinnovo di tutto l’arredo.