Santuario del Buso

Il turista o il villeggiante che percorre in fretta, naturalmente in macchina, la suggestiva strada che da Gallio, per Contrada Campanella, conduce a Stoccareddo e di qui al Sasso di Asiago, arrivato al fondo della Val Franzela , prima di risalire il ripido tratto opposto, dovrebbe concedersi una breve sosta. E’ la località denominata:”Buso di Gallio”. Proprio la dove il fondo valle si restringe in una strozzatura che, allargandosi poi, continua in direzione di Valstagna, tra due alti pareti di rocce scavate dalla erosione delle acque, il viandante scorge, quasi addossata alla montagna, una chiesina solitaria eretta su un ampio piazzale delimitato a valle da un muricciolo.
E’ il santuario del Buso. Il modesto tempietto, dedicato alla Madonna, appare come un umile fiore in mezzo a una cornice naturale ricca di verde, ma selvaggia, un invito a sostare e a elevare lo spirito. La località e il santuario meritano un cenno storico. Lungo la Val Franzela si snodano una volta quella che, fino a circa due secoli fa, era la principale arteria di comunicazione tra i paesi dell’Altopiano dei Sette Comuni e i centri della pianura.
Costruita nella seconda metà del 1300, questa strada carreggiabile vedeva risalire a prima vera inoltrata, diretti ai pascoli montani, i numerosi pastori che con il loro greggi erano scesi, l’autunno precedente, a svernare nella campagna veneta. Di qui transitavano su appositi carriaggi i carichi di legname proveniente dai boschi di conifere dell’Altopiano. Quei tronchi di abete e di larice, a Valstagna, venivano trasportati su delle zattere che, seguendo il corso del fiume Brenta, raggiungevano i cantieri navali di Venezia. Ma io penso in particolare ai nostri antenati che percorrevano a piedi quella strada che dal Buso, scendendo verso la valle del Brenta, si faceva assai più disagevole e cupa, incassata tra due pareti minacciose: erano poveri commercianti i quali, con i loro carichi di lana e di prodotti del latte, dovevano raggiungere Valstagna (da Gallio, quattro ore a piedi!)e quindi il mercato di Bassano. Qui, al Buso, che la fantasia dei nostri avi doveva popolare di perfidi folletti e spiritelli, approdava un giorno di primavera del 1829 un eremita appartenente al terz’ordine di S. Francesco: fra Battista Casera.
Chi era e che cosa cercava? La storia purtroppo e assai scarsa di notizie. Fra Battista – anima candida di montanaro sceso dalla natia Agordo aveva vissuto qualche anno nell’eremitaggio francescano del Pubel di Foza. Figlio spirituale di Francesco di Assisi, aveva seguito una vocazione una volta abbastanza comune: quella del religioso che, senza accedere al sacerdozio, si isolava completamente dal mondo rinunciando a tutto e vivendo in assoluta povertà, sull’esempio dell’umile e grande Assisiate. In seguito, fra Battista – mistico itinerante aveva percorso un lungo periodo di tempo pellegrinando ai più famosi santuari d’Italia. Di ritorno da quello della Madonna del Caravaggio (BG) portava con se un’immagine della Vergine ivi venerata. Era ormai arrivato ai luoghi a lui tanto cari dell’Altopiano, quando, giunto appunto sul far della sera, al Buso, si trovò inaspettatamente bloccato da una “brentana” (termine del dialetto veneto, indicante una improvvisa e violenta fiumana) che gli impedì di passare oltre. Coincidenza causale, capriccio meteorologico o Provvidenza. Dopo una nottataccia trascorsa al riparo di qualche pianta, fra Battista ha deciso: li, su quell’orrida gola, bisogna gettare un ponte che congiunga le due rive; bisogna edificare una chiesina, punto di sosta per i viandanti e soprattutto richiamare di pietà mariana; bisogna costruire un minuscolo eremitaggio: lui stesso vi passera il resto dei suoi giorni (era ancora nel fiore dell’età) come eremita.
Quello che dovette sembrare l’ingenuo sogno di un uomo ricco soltanto di fede e di devozione a Maria, nel giro di quattro anni sarà una realtà: ponte, chiesetta, eremitaggio sono li, sorti come per incanto. Più tardi sarà innalzato anche un campanile: lo squillo delle tre campanelle si diffonderà gioioso per buona parte della vallata, su su fino alle case della Zaibena, di Stoccareddo, dei Gianesini, dei Dalla Bona, di Ribenach, della Campanella.
Il santuario del Buso diventerà un centro di pietà mariana per tutti gli abitanti dell’Altopiano e non di Gallio soltanto; i pellegrini vi accorreranno numerosi particolarmente in due ricorrenze: il 26 maggio (in coincidenza con la festa della Comparsa della Madonna al Caravaggio di Pine’, sopra Trento) e soprattutto il 26 luglio (festa di S. Anna). Fra Battista Casera, l’ispiratore del santuario, ne sarà anche l’apost.; vi trascorrerà quasi tutto il resto della vita in preghiera e penitenza fino a che, ormai anziano e acciaccato, si lascerà convincere a recarsi ad Asiago per farsi curare. E ad Asiago morirà nel 1862. Sentendo ormai vicina “nostra sora morte corporale”, volle essere portato su una legnaia, cosi come Francesco d’Assisi aveva voluto che la morte lo cogliesse “nudo sulla nuda terra”.
La guerra del 1915-18, che rase al suolo si può dire tutti gli edifici dell’Altopiano dei Sette Comuni, non risparmio il modesto santuario del Buso; chiesetta e campanile saranno però ricostruiti, dopo la guerra, come tutte le case e le altre chiese. In questi ultimi decenni, purtroppo, il santuario del Buso, tanto caro ai nostri antenati, ha conosciuto un progressivo deplorevole abbandono. In un’epoca di efficientismo anche chiesastico, la devozione mariana sposata all’interesse turistico (e agli interessi tout-court), porta masse di pellegrini ai vicini santuari di Monte Berico (Vicenza), della Madonna della Corona (Verona), “al Caravaggio di Bergamo e perfino a quelli meno vicini e assai più famosi di Lourdes (Pirenei) e Fatima (Portogallo). Riuscirà a sopravvivere l’umile chiesetta del Buso? Vedremo ancora schiere di devoti provenienti da Gallio e dalle altre parrocchie dei Sette Comuni e infoltite dai villeggianti, tanto numerosi sull’Altopiano durante i mesi estivi, incontrarsi laggiù per la festa del 26 Luglio, per pregare insieme e insieme cantare le lodi a Maria, per confidarle i nostri segreti e le nostre angosce, per chiedere ed ottenere ed ottenere da Lei pace e serenità per noi, per le nostre famiglie, per i nostri fratelli lontani, per la nostra Italia, per l’umanità tutta?