Chiesa Parrocchiale San Bartolomeo

Foto dell’interno della Chiesa San Bartolomeo

Foto storiche della Chiesa di San Bartolomeo

Archeologi e storici disputano sulle origini dei popoli dell’Altipiano. Chi li dice Goti, chi Unni, chi Tigurini, chi Sassoni, chi Cimbri e chi Celti o Galli ecc.; ma ciò è certo, che essi furono idolatri. Essi prestavano culto alle loro divinità, ai loro Numi o Genii sulle colline e nel folto dei boschi, ove ogni albero, ogni virgulto e perfino le frondi e le foglie dovevano rispettarsi religiosamente. Il bosco e la collina erano per loro il luogo sacro ove risiedeva il loro dio; ed ogni villaggio, ogni borgata, ogni contrada aveva la sua collina ed il suo bosco consacrato al Genio tutelare, ed ivi si radunavano in date epoche per compiere i loro sacrifici d’espiazione.
Anche Gallio aveva il suo Genio, ed a lui era consacrato il collicello Iokle o Lekle, che allora era ricoperto di faggi e querce, e su cui ora sorge la nostra bella Chiesa, dedicata a S. Bartolomeo Apostolo. Quando fu costruita la prima volta questa Chiesa? Incerta ne è l’epoca; l’unica cosa certa è che essa è di origine antichissima. Forse, come dice lo storico Dal Pozzo, ancora dai primi tempi del Cristianesimo, quando cioè S. Prosdocimo, discepolo di S. Pietro e primo Vescovo di Padova e Vicenza, percorse la Marca Trevigiana, la provincia di Verona e di Vicenza predicando il Vangelo di Cristo e purgandole dell’idolatria. In quel tempo egli salì anche sul monte Summano, ove sorgeva un tempio sacro a Plutone. Summano (o Sovrano degli dei infernali), vi abbattè ò’idolo di quel nome, ne rovesciò l’altare, ne distrusse il tempio e vi eresse l’immagine di Maria SS.. Probabilmentefu allora che salì sul nostro Altipiano, predicando la vera religione, abbattendo tutti gli idoli che incontrava ed innalzando nuove chiese; e tra queste è tradizione ci fosse anche quella di Gallio.
Ma se questa è pura tradizione, certo è, e ce lo tramanda il Dal Pozzo, che prima del 1000, e più probabilmente intorno al 917 dopo Cristo, sull’Altopiano v’erano già quattro o cinque chiese, compresa quella di Gallio. Ne parla anche Mons. Sibicone allora Vescovo di Padova, quando dall’imperatore Rodolfo di Borgogna con altre terre ebbe la conferma del feudo di tutto il nostro paese, già fattagli da Berengario.
Pare che in quel tempo la Chiesa fosse assai piccola ed avesse la forma della Chiesetta, dedicata a S. Rocco e a S. Maria delle Grazie. Aveva quindi il suo vestibolo, come tutte le chiese dell’epoca, un unico altare appoggiato al muro del coro, e due grandi e belle finestre gotiche ai lati. Il Dal Pozzo la dice una delle più belle e vetustissime cappelle della Pieve di Caltrano. Appartenne infatti per qualche secolo alla parrocchia di Caltrano, mentre per l’amministrazione dei Sacramenti dipendeva dalla Chiesa di S. Margherita di Rotzo.
Ma sul finire del 1300, e secondo altri l’anno 1402 questa Chiesetta si stacca da Caltrano e da Rotzo e prende il nome di Chiesa Parrocchiale, e primo Parroco ne è un certo prete Nicolò Francesco Iermer de Allemagna.
Subito dopo il sec., ci dice lo storico Barbarano, questa Chiesa venne ingrandita e resa capace di 1500 persone (il che dimostra che in quell’epoca la popolazione del paese non era scarsa). In seguito fu di nuovo ampliata nel 1522 e più tardi nel 1606, e lostesso Barbarano ci fa sapere che allora aveva tre soli altari.
Finalmente il 1° Maggio 1762 (e secondo altri nel 1766) uno spaventoso incendio la distrusse totalmente, insieme con la canonica e la maggior parte delle case dle paese, mettendo sul lastrico più di cento famiglie. Nello stesso anno però la Chiesa, per cura del Comune e con l’aiuto della Repubblica Veneta, venne riedificata sopra un magnifico e del tutto nuovo disegno del nostro valente ingegnere Giannandrea Pertile – Rampini, e venne consacrata da Mons. Cornelio, Vescovo di Torcello, delegato del Card. Veronese, Vescovo di Padova.
La nuova Chiesa aveva sette bellissimi altari, di stile corinzio e di marmo avari colori, estratto tutto dalle cave del nostro Comune, ed un grandioso ed elegante tabernacolo, fiancheggiato da due statue, rappresentanti S. Bartolomeo e S. Rocco.
Si dice che le travature del tetto fossero tutte tagliate nella località Ferak, ora ridotta a prato.
Nel 1784 fu decorata dal titolo “Arcipretale” da Vescovo di Padova, Nicolò Antonio Giustiniani, ed il primo Arciprete fu Don Valentino Strazzabosco di Asiago.
E’ lunga internamente m. 43.10 (vaso m. 29.50 – coro 9.30 – dietro coro 4.30) larga m. 13.35.
Nel 1887 in occasione del Giubileo Episcopale di S.S. Leone XIII fu definitivamente restaurata ed ornata di pregevoli affreschi, essendo allora Arciprete Don Carlo Liviero, attuale vescovo di Città di Castello.

L’uragano che passò in tutta l’Europa e che sconvolse, dilaniò, rase al suolo tutti i nostri paesi, abbattè anche la nostra Chiesa, lasciandoci come unico ricordo la sua austera e maestosa facciata.
Ma nel volgere di tre anni 1920-22 essa è di nuovo risorta, la prima fra le chiese dell’Altipiano; è risorta la ove fu sempre e bella come prima, anzi ne fu migliorato il coro, e le fu messo a fianco un gentile e devoto Oratorio dedicato alla Vergine Immacolata, inaugurato l’8 Settembre 1922, e ciò per l’opera dell’attuale Fabbriceria e per lo zelo dell’Arc. D. Francesco Caron.
Questa nuova Chiesa che speriamo durerà in eterno ed a cui correranno sempre devoti i figli di Gallio venne solennemente benedetta.
S.S. Papa Pio XI in tal eoccasione si è degnato di mandare una speciale benedizione, perchè con la Chiesa risorga l’avit fede e pietà del popolo di Gallio

Prima della guerra nella nostra Chiesa facevano bella mostra di sè molti qudri e lavori d’arte. Era ricchissima di varie suppellettili. Dietro l’altare maggiore v’era fissa nel muro una tela, rappresentante il martirio di S. bartolomeo, con la data del 1535. Era un lavoro molto pregiato del celebre pittore Bassanese Francesco Nasocchio. Un’altra tela pregevole era in Sacrestia e rappresentava S. Leonardo martire, opera di Giambattista Da Ponte oriundo da Gallio. E finalmente una terza tela, pure in Sacrestia, di Luca Martinelli e rappresentante il Rosario.
Andarono pure infrante o derubate 14 piccole statuette in legno, sovrastanti gli stalli del coro, attribiti al celebre intagliatore compaesano Domenico Plebs, che aveva lavorato anche un magnifico parato in legno dell’altar maggiore ed il pulpito.
Quasi tutti gli oggetti sacri e di molto valore più non esistono e la Chiesa intanto aspetta l’indennizzo dei danni dal Governo e l’obolo dei suoi figli per nuovamente abbellirsi.

tratto dal libro “Gallio 1915-18 – Dramma di un paese” edito dall’Amministrazione Comunale di Gallio