Sacello della Madonna del Carmine

E’ un sacello votivo, innalzato sul colle Ferragh dalla popolazione di Gallio a scioglimento del voto contratto il 15 ottobre del 1944, con il quale dapprima aveva impegnato l’aiuto celeste in propria difesa e poi aveva voluto ringraziare la Vergine per aver realmente protetto il paese dalla violenza cieca della Seconda Guerra Mondiale.

Le ferite inferte dalla Prima Guerra mondiale alla bellissima terra altopianese e alle sue varie comunità si erano dappoco rimarginate, quando sinistri bagliori di un altro immane disastro si intravedevano all’orizzonte. Nel giugno del 1940 l’Italia fascista, quantunque militarmente impreparata, per non essere da meno della Germania nazista e trovarsi in caso di pace con qualcosa in mano, seguì l’esempio di Hitler, “pugnalando” alla schiena la Francia. Era l’avvio di un altro conflitto mondiale, non meno disastroso e devastante di quello del 1915/1918.
Su Gallio, come sugli altri paesi dell’Altopiano dei Sette Comuni, dopo il rientro movimentato di tante famiglie di emigranti dalla Francia, dalla Libia, dalla Cirenaica e da varie città italiane e la partenza di tanti giovani per il fronte francese e greco-albanese, calava il sipario di una trepida ed ansiosa attesa.

Le donne e i vecchi in casa, da soli, con i figli più piccoli, attendevano di giorno in giorno, sempre più preoccupati e angosciati, l’ora di vederli tornare. La vita in paese, da grigia qual era già prima della guerra, andava facendosi sempre più nera: il lavoro scarseggiava, sino a mancare del tutto, le tasse e le soprattasse aumentavano, le stalle e i campi venivano regolarmente svuotati dall’ammasso e gli alimenti di prima necessità, come il pane, lo zucchero e la carne, venivano razionati e tesserati.
Con il settembre ’43 e l’armistizio di Badoglio, la situazione in Italia sembrò all’improvviso arrestarsi e volgere al meglio……………Ma si trattò di pochi giorni, perché il rumore dei cingolati tedeschi e la bandiera nera col teschio spensero d’un colpo ogni speranza. I soldati, in fuga rocambolesca dal fronte o dalle caserme, rientrati nottetempo in famiglia, o i giovani in attesa di essere arruolati con i fascisti o venire deportati in Germania, furono i primi a capire la gravità del nuovo stato di cose in cui l’Italia era venuta a cacciarsi…..I più coraggiosi presero la via dei boschi, arruolandosi nella primavera-estate del ’44 nei primi reparti partigiani, gli altri rimasero a casa, nascosti, calcolando che il pericolo fosse ancora abbastanza lontano. Ma si sbagliavano e i familiari cominciarono quasi subito a vivere giornate di ansia e di paura: ogni voce, ogni rumore di presenza o di avvicinamento di tedeschi o fascisti alle contrade marginali o al paese era un tuffo al cuore.
Del resto, chi, fra gli uomini si riteneva esente, perché o troppo giovane o troppo vecchio, da obblighi di servizio militare, poteva arruolarsi fra gli operai dellaTODT, un’organizzazione di civili a servizio del genio militare tedesco, finalizzata a distogliere la gioventù dalla vita partigiana, impiegandola nello scavo o nell’allestimento di opere strategiche per lo più inutili. Per tanti sarebbe stata un’occasione di lavoro, buona per guadagnarsi qualche pagnotta di pane o qualche pacchetto di sigarette da scambiare per la famiglia.

L’ultimo anno di guerra, fra la primavera del ’44 e quella del ’45 fu purtroppo il più tragico e il più lungo. La presenza operativa dei partigiani sulla montagna attirava ogni altro giorno rappresaglie e rastrellamenti. Emblematico e tragico a tal riguardo fu l’incendio che distrusse l’8 agosto 1944 74 abitazioni di Camporovere, praticato dai tedeschi come rappresaglia per l’attacco partigiano al Billeme e alla Scaletta.
La spada di Damocle della rappresaglia tedesca incombeva particolarmente sulla comunità di Gallio da quando ai primi di dicembre del 1944 qualche centinaio di soldati tedeschi prese stanza in paese presso la Colonia Segafredo e le Scuole Elementari occupati nei lavori della TODT e nei servizi di polizia. A tal proposito scrive l’Arciprete don Marco Zen:
“…..Durante la loro permanenza essi non hanno recato alla popolazione danni notevoli: la loro presenza però era ben poco gradita agli abitanti in generale. Perciò fu salutata con gioia da parte di tutti l’alba del 30 aprile 1945, giorno della loro frettolosa partenza o meglio della loro fuga. La maggior parte s’avviò celermente alla volta di Foza per raggiungere la Valsugana: quasi tutti partirono senza molestare alcuno e senza essere molestati da alcuno. La popolazione, ciò che costituisce un privilegio singolare concesso a ben pochi, non ebbe alcuna vittima. non subì rapine o maltrattamenti o devastazioni. Della grazia singolare dovrà serbare perenne riconoscenza al Signore specialmente se si tien conto della sorte toccata ad altre località (come Camporovere), funestate da lutti senza numero e dalle più orrende devastazioni. In seguito alla ritirata dei germanici e all’annuncio della fine della guerra in Italia, la popolazione tutta in preda al più vivo entusiasmo e animata da sentimenti di viva riconoscenza verso Dio, convenne nel tempio per il canto di un solenne Te Deum di ringraziamento. La funzione ebbe luogo la sera del 2 maggio dopo la pia pratica del mese mariano”.

La cronaca ricorda che in quella sera del 2 maggio 1945 tutte le campane delle chiese dell’Altopiano suonarono a stormo per invitare le comunità ad un solenne Te Deum di ringraziamento al Signore, come ricordava don Marco Zen nelle sue memorie parrocchiali.
Chiaramente quel Te Deum cantato nella chiesa di Gallio la sera del 2 maggio trovava legittima giustificazione nel fatto che il paese non fu violentato dalla furia bestiale della guerra e nel fatto che la comunità galliese aveva impegnato in una forma insolita l’aiuto celeste in propria difesa con un voto alla Vergine Maria contratto il 15 ottobre del 1944.

Riferisce in proposito la cronistoria parrocchiale:”……La domenica 15 ottobre 1944 con uno slancio unanime di pietà e di fiducia Gallio si è votata a Maria SS. allo scopo d’essere preservata dagli orrori e dalle rovine di guerra. Al mattino i fedeli in buon numero si accostarono al banchetto eucaristico. Alle ore due pomeridiane la chiesa si affollò nuovamente di fedeli. Dopo il canto del Vespero, uscì dal tempio in processione, che si snodò devota ed orante attraverso le vie alla volta del colle denominato Ferak, dove l’Arciprete rivolse ai convenuti brevi parole di esortazione, dopo le quali in nome del Clero, delle alte Autorità e del popolo emise il voto di erigere in quel luogo un sacello dedicato a Maria SS. e di compiere ogni anno in occasione della festa della Beata Vergine del Carmine una solenne processione di ringraziamento, se il paese fosse stato preservato da lutti e da rovine e da sciagure incombenti per lo stato di guerra. La preghiera con la presentazione del voto fu seguita con attenzione commossa da tutti i fedeli, i quali contavano di poter un giorno non lontano manifestare la loro riconoscenza alla gran Madre di Dio, mettendo in esecuzione la solenne promessa fatta”.
L’esecuzione della promessa non spettava all’Arciprete don Marco Zen, il quale il 14 ottobre del 1945, dopo vent’anni di apostolato, lasciava con rimpianto la comunità di Gallio per assumere la cura spirituale di Agna; in sua sostituzione il 19 marzo 1946, festa di San Giuseppe, faceva il suo ingresso solenne in parrocchia il nuovo Arciprete don Antonio Moletta.

Fu infatti don Antonio Moletta a dare il via ai lavori per l’erezione del Sacello votivo, dopo aver concordato le modalità di esecuzione con l’Assemblea Generale dei capifamiglia convocata nella domenica del Buon Pastore, la seconda domenica dopo Pasqua del 1946.
Il 16 luglio 1946, dopo la rituale processione sul Colle Feragh, alla presenza di tutto il popolo di Gallio e delle autorità politiche e religiose, fu benedetta la posa della prima pietra del Sacello votivo, pietra nella quale fu posta una pergamena con la seguente memoria:
“Oggi 16 luglio 1946 Solennità della B.V. del Carmine, festa votiva per la evidente protezione materna nei duri e aspri anni di guerra 1939-1945, ove il ferro nemico e la barbarie fraterna passò, lasciando incolumi vite ed abitazioni, nel tripudio esultante, l’intera popolazione pone la prima pietra di questo Sacello, monumento di fede ed amore alla Madre Celeste, perché continui la sua potente intercessione, nei secoli venturi.
Regnante Pontefice Pio XII, reggendo la Diocesi S. Ecc. Mons. Carlo Agostani, la Parrocchia don Antonio Moletta; alla presenza di don Marco Zen ex Arciprete di Gallio, don Pietro Munari Sacerdote Novello, Prof. don Giovanni Ghiotto, don Antonio Segafredo, don Giuseppe Fincati, del Cappellano di Gallio don Gino Pertile e dei Gallesi don Domenico Turra, don Giacomo Turra, don Bernardino Rossi, don Bruno Grigiante, don Domenico Gianesini, Ave Maria”.

I lavori proseguirono speditamente grazie alla collaborazione di tutta la popolazione e all’aiuto concreto dell’Amministrazione Comunale e furono ultimati all’inizio dell’estate del 1947 tanto che il Sacello votivo, monumento della fede della popolazione di Gallio e della protezione della Vergine Maria potè essere inaugurato già il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, alla presenza di Mons. Giuseppe Schievano, Arciprete della Cattedrale di Padova, delegato a ciò dal Vescovo.
E così su quel colle del Feragh, che la fantasia della gente aveva popolato di divinità celtiche, come la dea Frea, lo spirito della quale l’immaginario popolare faceva provenire dalla vallata che si apre immediatamente a levante con una paurosa voragine e termina alla destra del Brenta e che si chiama appunto Val Frenzela, s’innalzava luminoso quel tempio alla Vergine Cristiana, amata e venerata dal popolo di Gallio, memore della protezione accordatagli durante i bui anni della Guerra Mondiale.

Ancora un evento eccezionale doveva coinvolgere quel tempio caro alla devozione sincera della gente. Il 23 luglio 1989 alle ore 19.30, come annota puntualmente la cronistoria parrocchiale, nel cielo di Gallio si scatenò un violentissimo temporale estivo; un fulmine scaricò tutta la sua potenza distruttrice sulla statua della Madonna collocata sulla cuspide del Sacello, mandandola in frantumi, che furono disseminati nei prati circostanti per un raggio di un centinaio di metri, e lesionando i muri portanti dell’edificio sacro. Quei pezzi di pietra vennero raccolti con pietà immensa dalla gente del posto, quasi augurandosi che potessero essere ricomposti dall’abilità di qualche artigiano perché la statua della Madonna, ricollocata sulla cuspide dalla quale era stata divelta dalla forza cieca della natura, potesse continuare a guardare con amore di Madre la popolazione di Gallio.

L’arciprete don Galdino Panozzo avvertì subito l’urgenza di un intervento adeguato per il restauro conservativo e affidò la stesura del relativo progetto all’Ing. Giovanni Finco di Gallio, progetto in base al quale si eseguirono i lavori di consolidamento statico, di copertura in rame del tetto, di pavimentazione esterna e di abbellimento di tutta l’area su cui insiste il tempio, di recinzione, di illuminazione notturna e di ricomposizione della statua della Vergine..
Ciò che rimaneva della statua fu affidato alle cure e all’abilità di un bravo artigiano, che con pazienza quasi certosina ha restaurato l’opera, restituendola alla devozione popolare, bella e maestosa com’era prima di quel violento temporale del 23 luglio.
I lavori di restauro vennero ultimati nel luglio del 1991 tanto che durante la Festa della Madonna del Carmine, dopo la solenne processione, il Vescovo Martino Gomiero potè restituire alla devozione dei Gallesi un Sacello abbellito e ripristinato in tutto il suo splendore.

Dal punto di vista architettonico il Sacello è di pianta ottagonale ad imitazione del tempio elevato sul Monte Grappa, mentre la statua della Madonna collocata sulla cuspide richiama pure quella eretta sul Grappa.
E’ una piccola chiesa, in grado però di parlare al cuore della gente, una chiesa luminosa e slanciata in grado di fondersi e sposarsi con la limpida e suggestiva bellezza del paesaggio delle nostre montagne.

(Per ulteriori notizie sul Sacello della Madonna del Carmine si veda l’opuscolo “Il colle del Ferragh – 50° Anniversario della posa della prima pietra del Sacello”, edito il 16 luglio 1996 dalla Tipografia Moderna di Asiago a cura della Parrocchia di Gallio)