Capitelli

 

LE CONTRADE E I LORO CAPITELLI

Contrada
Xebo
Capitello con
statua della Madonna
Contrada
Rotz
Capitello con
crocifisso e piccola statua della Vergine
Contrada
Fontana
Capitello con
statua della Vergine Immacolata
Contrada
Costa
Capitello con
statua della Vergine del Rosario
Contrada
Ronchi Davanti
Capitello con
statua della Vergine costruito nel 1965
Contrada
Ronchi di Dietro
Capitello con
statua della Vergine del Caravaggio costruito nel 1945.
Assai significativo il pensiero scolpito nel marmo:”
I figli della tua valle che questo pegno d’amor riconoscente
alzarono accanto a Te viventi o per le vie del mondo
sparsi guida, proteggi e qui riconduci, o Madre”
Contrada
Lunardi
Capitello con
statua della Madonna costruito nel 1930
Contrada
Marini
Capitello con
statua della Madonna costruito nel 1930
Contrada
Perch
Capitello con
statua della Vergine Immacolata
Contrada
Stellar
Capitello con
statua del Sacro Cuore costruito nel 1995
Contrada
Bertigo
Capitello dedicato
a Maria Ausiliatrice
Contrada
Fradarini
Capitello con
Madonna dipinta costruito nel 1930

 

I Capitelli sono piccoli gioielli architettonici, semplici e lineari, disseminati nelle contrade, nelle frazioni, in ogni piccolo agglomerato di case e costituiscono una sorta di “itinerario mariano e cristologico” inserito nell’ambiente soprattutto rurale e voluto da una committenza sensibile ai risvolti religiosi della comunità.
Chi li visita ha la sensazione di realizzare vere e proprie “scoperte”, circondati come sono dal fascino discreto di un ambiente ancora intatto, seppure minacciato da tanti fattori di una malintesa modernità.

Anche se spesso rovinati dal tempo, tali espressioni dell’arte e della religiosità popolare si ritrovano ovunque a ridosso delle abitazioni, ai crocicchi delle strade, sulle piazzuole, attorno a cui si distendono le case, i fienili, le stalle e le officine artigianali.
Queste costruzioni, quasi mai sorte per fatti casuali, corrispondono sempre a bisogni individuali e collettivi. Dalla devozione mariana a quella d’origine votiva, i capitelli hanno rappresentato il bisogno dell’uomo di sentire vicino il proprio Dio, a cui chiedere protezione e aiuto.

Anche a Gallio non esiste contrada o frazione che non abbia il proprio capitello, espressione non solo di una profonda e sincera religiosità, ma anche della cultura e dell’unità delle singole comunità.
Spesso il capitello è stato costruito insieme da tutti gli abitanti della contrada e, quindi, rappresenta un momento esaltante di unità e concordia.
Una volta ultimato, è divenuto l’immagine dell’intera contrada, il simbolo del suo lavoro, della sua religiosità, testimonianza delle vicende, delle gioie e delle sofferenze della gente. Attorno ad esso si riuniva la contrada tutta nei momenti di preghiera, che erano anche momenti di comunità viva.

Nel passato recente presso i capitelli facevano tappa le Rogazioni, cioè quelle processioni penitenziali che si svolgevano attraverso i campi agli inizi della primavera per invocare la benedizione di Dio e dei Santi sulle messi e la protezione contro la siccità. “A peste, fame et bello……..a fulgure et tempestate, libera nos Domine – dalla peste, dalla fame, dalla guerra………….dalla folgore e dalla tempesta, liberaci, o Signore”.

A partire dagli anni cinquanta del secolo scorso i capitelli sono stati testimoni silenziosi dello spopolamento delle nostre contrade: hanno visto allontanarsi uno ad uno i loro abitanti, hanno visto lo spegnersi dei giochi chiassosi dei bambini e il lento morire di tutte quelle attività che avevano consentito la vita sui nostri monti e nelle nostre valli; essi hanno assistito al lento esaurirsi delle tradizionali ed antiche forme di associazionismo cooperativistico, che avevano permesso alla gente di Gallio di resistere ad una natura spesso avversa e di operare in concordia e solidarietà nel “lento scorrere della vita, ritmato sul vasto respiro dei boschi e dei prati e sull’avvicendarsi delle stagioni, una vita oggi sconvolta dall’assalto delle grandi masse, dapprima attratte dalla
villeggiatura estiva, poi prese dalla febbre dello sci, che ha squarciato boschi secolari per farne piste, ha spianato vallette per farne parcheggi, in malinconica attesa dell’assalto domenicale dei forzati della velocità “( I. Cacciavillani in “La proprietà collettiva nella montagna veneta sotto la Serenissima”), ha spazzato via tradizioni antichissime, frutto di una comunione profonda tra territorio e i suoi abitanti.
Gli anni ’70 e ’80 di questo nostro tempo sono stati testimoni di un nuovo ripopolamento scandito dalle stagioni estive ed invernali, testimoni di nuovi arrivi, che raramente hanno manifestato e manifestano la fede sincera,anche se a volte ingenua, degli “antichi abitatori”.
Ecco, pertanto, che i capitelli sono da ritenersi monumenti sacri, una pagina di storia , il ricordo di una tradizione e di una cultura che costituiscono le radici della nostra peculiare civiltà, di un patrimonio di valori che si spera vivamente non vada completamente perduto, ma concorra a vivificare ancora una volta la vita interiore degli uomini di oggi e di domani.
In tempi, in cui tutto cambia rapidamente, in cui la fugacità degli avvenimenti sembra non lasciare spazio alle piccole memorie, quelle che parlano di povera gente e di eventi comuni in luoghi comuni, la presenza dei capitelli sulla nostra terra di Gallio non può rimanere lontana memoria, astratto ricordo, ma deve continuare ad essere garanzia di un passato vissuto nell’integrità dei momenti, sapendo cogliere attraverso una fede vissuta quanto di prezioso non si potè e non si può perdere nel cammino dell’esistenza.
Oggi si stenta a difendere il volto antico dei nostri borghi, nonostante una rinnovata coscienza del fatto storico; il crescente benessere minaccia d’intaccare anche l’autenticità delle località più originali di Gallio assalite da strade che hanno sfondato borgate classiche e rovinato paesaggi non più rinnovabili; un malcelato gusto di rinnovamento minaccia di distruggere irreversibilmente case e manufatti antichi, come i capitelli.
Spetta a tutti noi salvaguardare dagli attacchi della cosiddetta “civiltà dell’opulenza” queste espressioni della pietà popolare, queste testimonianze comunitarie di fede cristiana, che si elevano in tutte le contrade di Gallio.

Da un punto di vista meramente architettonico, i capitelli contano su una struttura che sembra ripetersi all’infinito: una costruzione in muratura, con tetto a due spioventi in lastroni di pietra locale e sulla sommità spesso una croce di ferro battuto infissa su acroterio di pietra lavorata a mano; una nicchia, protetta da un cancello in ferro battuto, con cassettina per le elemosine incorporata, con sullo sfondo la statua o un affresco della Madonna Immacolata o del Rosario, oppure la statua di Sant’Antonio di Padova o ancora più semplicemente una croce.

Finco prof. Danillo